IL MOSE VENETO CHE DIVISE SOLO I CONTRIBUTI

Leggo, senza nemmeno tanto stupore, circa gli sviluppi dell’indagine sul Mose a Venezia e al giro di soldi sperperati tra bonus e mazzette. Forse stiamo parlando di una delle più grandi opere del nostro paese, finanziata con il contributo della Comunità Europea; come poteva quindi non essere trasparente. Sembra che si sia scoperto un “giro” occulto, attraverso indagini mai messe realmente in campo da chissà quale Nucleo Investigativo, quando in realtà stiamo parlando di esponenti politici ai quali non è mai stata chiesta nessuna verifica.Scoprire dopo parecchi anni che Galan, senza contare il resto della compagnia rigorosamente veneta, ha un patrimonio di 50 milioni di euro, “risparmiati” (forse a sua insaputa) in anni di politica, non è certo un risultato da ottimi “segugi”; solo per questo sarebbe opportuno fare debite valutazioni.

Qui, come in altri moltissimi casi, gli uomini ai vertici del centro destra berlusconiano mostrano fortissime responsabilità, proprio perché sono divenuti esempio di accaparramento di soldi pubblici, insegnando ad altri colleghi di partito che la politica, più che un servizio è una fonte di reddito. Ma in fondo la “destra” è sempre stata questa: conservatrice, liberale e capitalista, opportunista e oggi, ancor più avida. A che cose è servito sdoganarne il termine per annientarlo poi definitivamente. Potevano scegliere termini diversi, ma evidentemente la parola “destra” faceva meglio al caso.

Doveva inglobare nel suo insieme anche i tanti bravi amministratori che rimangono limpidi di fronte a tanto fango. Dovevano allargare il raggio anche più a destra, dove sono collocati tanti bravi militanti di fede disposti al sacrificio. Insomma coinvolgere l’intera galassia della destra per annichilire ogni tentativo di rinascita o magari qualche slancio più nazionalista. Sebbene Berlusconi abbia tentato di aprire il progetto di una grande destra di Governo il risultato è stato pessimo. Un percorso iniziato con la Casa delle Libertà e poi distrutto dal suo Popolo delle Libertà. Ingegneri e architetti intenti ad arruffare il più possibile anziché pensare al progetto politico, unitamente ad una serie di sottoposti altrettanto compiacenti, sono il vero risultato del fallimento nazionale. Le larghe vittorie elettorali hanno generato solamente cricche a circuito chiuso, nemmeno tanto accorte, facendo pure acquisire agli “eletti” un senso di onnipotenza che tutto può superare. Qualcuno oggi si meraviglia ancora mentre qualcun altro inneggia pure ai giudici promotori dell’inchiesta, senza manco chiedersi dove siano stati sino ad oggi. Un copione che si ripete da anni tra lo stupore dell’ultima ora e qualche flebile protesta di pancia. Anche se stiamo parlando del Veneto il paese è quello di Pulcinella.

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